"C'è una via d'uscita attraverso ogni blocco" (Sutra Acquariano di Yogi Bhajan). Non ci vuole un linguista per interpretare questo sutra. Si tratta di una affermazione per ricordare che, quando il gioco si fa duro e prima che tu vada avanti, la condizione che stai cercando di superare si sta già dirigendo verso la sua fine.
Il cambiamento è l'unica costante. Mentre il cammino della vita continua, il mantenere questo sutra in mente, aiuta a portare a casa la Verità. Quanto più si ricorda e tanto più è recitato come un mantra, più facile diventa fare esperienza dell'impermanenza della sofferenza.
Questa comprensione porta consolazione, ma non una risoluzione istantanea del soffrire. Il sostituire il "cattivo" con il "buono", è una naturale propensione della mente ma è direttamente ammonita da Patanjali negli Yoga Sutra (vedi libri acquistabili online qui). In contrapposizione al buddismo, che afferma sia il desiderio il punto di partenza di ogni sofferenza, Patanjali suggerisce che l'ignoranza è il colpevole. Egli dice che l'ignoranza nasce da fonti specifiche, due delle quali sono l'avversione al dolore e l'attaccamento al piacere.
Questi due fenomeni che hanno luogo nella mente, derivano da un semplice malinteso, piuttosto che dal desiderio in sè. Fondamentalmente, ognuno di questi desideri nasce dal voler cambiare la situazione. In altre parole, vi è ignoranza momentanea nel fallimento del riconoscere che la situazione cambierà.
Yogi Bhajan era così insistente che i suoi studenti avevano una sadhana quotidiana (pratica spirituale) proprio per questa ragione: per trasferire il rapporto con la costanza del cambiamento per ogni persona, sul piano esperienziale. Ogni giorno, nuove sfide nascono per impedire che la pratica abbia luogo. A volte è così, a volte non è così.
Alla fine, dopo alcuni fallimenti e alcuni trionfi, la differenza dei cambiamenti di circostanze diventa regolarmente come una parte del corrispettivo della pratica stessa; in breve, il cambiamento è vissuto come una costante. Completare la pratica di ogni giorno cessa di sedurre, ma non si tratta di un lavoro di routine o di qualcosa che dovrebbe essere fatto.
Invece, arriva un momento in cui il continuum di piacere e dolore è superato, quando non vi è né un desiderio di praticare, né un desiderio di non farlo. Semplicemente si esegue o meno. Questo momento è curioso - si presenta spesso senza motivo o in circostanze incredibilmente difficili.
In quel momento, vi è una strana sensazione - non un senso di sollievo ma di una piana assenza. Hai esaurito la tua capacità di desiderio e tuttavia è lì. Tu sai e puoi sentire che non vuoi niente e tuttavia vi è una parte distinta che manca, un desiderio di qualcosa, insieme con il riconoscimento che la cosa cercata non ha forma.
Questa forza interna compulsiva, quello che Yogi Bhajan chiamava "il desiderio di appartenere," crea un'abitudine. Continuamente saltando il semplice rapporto di causalità, Patanjali precisa, l'impressione errata comincia a formarsi: che qualcosa non va bene qui. Tale errore diventa il fondamento per la rabbia, la depressione o anche solo un cattivo atteggiamento.
Ma è un errore! Quindi la qualità affermativa del sutra: ogni muro sarà sbriciolato. Ogni peso sarò sollevato. Yogi Bhajan diceva: "Lascia che Colui che ruota il cosmo si prenda cura della tua routine." Al cospetto di un Creatore con tale potere e data la semplice logica di Patanjali, l'umiltà e la chiara comprensione sono in grado di fornire una luce guida attraverso qualsiasi "blocco" la vita erga sul tuo percorso.
Fonte: Dev Atma Singh Khalsa; Traduzione di Onkar Singh Roberto
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Tutto bene sono d'accordo salvo che...quel Colui non lo cvondivido. Secondo me Colui non è persona ma è il nostro personale spirito. Non Spirito Santo e Persona spirito perfetto e suo Figlio immortale ma è il nostro spirito che può essere spirito d'avventura, spirito critico, spirito di patate.... finché diventa spirito di vivere felicemente insieme agli altri cioè spirito santo ;-)
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